Città di Vicenza

Palazzo Da Schio

Aggiornato al: 09/08/2021

Contrà S. Marco, 39
36100 Vicenza

______________________________

 

Iscritto nella WHL dal 1994

Descrizione storico-architettonica

L’edificio è situato in posizione periferica rispetto alla città storica, lungo la via principale del borgo di Pusterla, a nord di Vicenza. I terreni della famiglia Schio si estendevano sul retro dei fabbricati lungo la strada, l’odierna contrà S. Marco, fino al fiume Bacchiglione.

Si tratta di un palazzo a due piani con robusto bugnato al pianterreno, che forma eleganti ventagli sopra le finestrelle del seminterrato e sopra l’arco del portone,  e include anche piattabande di tre conci a incastro sopra le finestre degli ammezzati e fasce piatte sotto i davanzali delle finestre, collegate con le imposte dell’arco del portone.

Il primo piano è tripartito da semicolonne corinzie, che inquadrano alte finestre a balaustra con timpano triangolare; fasce ricorrenti lungo la parete legano le basi delle semicolonne e i davanzali. Conclude il prospetto l’elegante trabeazione, che aggetta sopra i ricchi capitelli corinzi.

Il palazzo non risulta pubblicato nei Quattro Libri, né sono pervenuti disegni autografi, tuttavia l’attribuzione a Palladio è accettata dalla maggioranza degli studiosi ed è confortata dall’indicazione tra i beni dello Schio di “un desegno del Paladio della casa de Pusterla”. Il Palladio progettò sicuramente la facciata, nell’ambito dei lavori di ristrutturazione di un precedente edificio, su incarico conferito nel 1560 dal nobile vicentino Bernardo Schio, dottore in giurisprudenza e stimato magistrato di Vicenza. E’ probabile che dopo la morte del committente il cantiere abbia subito una lunga battuta d’arresto e che i lavori siano stati ripresi dal fratello Fabrizio nel 1574-75.

Originariamente la trabeazione doveva essere interrotta da tre finestre che illuminavano il sottotetto, poi ostruite nella prima metà dell’Ottocento; la campagna di interventi ottocenteschi promossi da Carlo Angaran, attestate dall’iscrizione sul fregio resa possibile dalla soppressione delle suddette aperture, avrebbe snaturato anche gli interni del palazzo.

L’attribuzione dell’edificio nella sua interezza è stata sostenuta da alcuni studiosi; l’esame della fabbrica, tuttavia, rivela l’assoluta indipendenza del prospetto dalla pianta. Palladio fa qui ricorso allo schema compositivo di palazzo Caprini del Bramante con la sovrapposizione di un ordine sul piano terra bugnato. L’esito dell’ideazione palladiana è un fronte di limitate dimensioni ma di grande monumentalità, che denota la sua abilità nel compiere operazioni di ristrutturazione in forme classiche su una fabbrica preesistente, anche attraverso il ricorso a opportune licenze rispetto alle regole canoniche, come l’interessante dettaglio delle basi delle semicolonne, incassate nel paramento bugnato del piano terra.

(fonte: Guida al sito UNESCO edito da Ufficio Unesco Vicenza)