Città di Vicenza

Villa Forni Cerato (Montecchio Precalcino - VI)

Aggiornato al: 09/08/2021

Via Venezia, 4
36030 Montecchio Precalcino (VI)
https://www.villafornicerato.it/

VISITABILE PARZIALMENTE (controlla modalità)

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Iscritta nella WHL dal 1996

Descrizione storico-architettonica

La villa, situata in campagna nei pressi dell’abitato di Montecchio Precalcino, è costituita da un corpo di fabbrica a pianta rettangolare di dimensioni contenute, organizzato su tre livelli (piano terra ribassato, piano nobile, sottotetto), cui si affiancano una barchessa ed altri fabbricati di servizio, in pessimo stato di conservazione.

Il fronte principale, rivolto verso sud, è contraddistinto dal settore centrale in aggetto, su cui si apre a livello del piano nobile un’asciutta loggia a serliana, impostata su nudi pilastri privi di ordine architettonico, il cui fornice mediano è accessibile da una lunga scala a unica rampa. Le finestre laterali della serliana, e quelle aperte sui fianchi della loggia, sono chiuse da balaustre, e sormontate da riquadri ciechi, dei quali i due frontali recano rilievi non originari. In asse con questi ultimi si aprono a livello del sottotetto due finestrelle rettangolari, al di sopra delle quali il settore centrale del fronte è concluso da un frontone con stemma a rilievo, anch’esso posticcio.

Ciascuno dei due partiti laterali della facciata presenta tre finestre allineate lungo un asse verticale, delle quali le due inferiori sono a spigolo vivo, quelle del piano nobile hanno una cimasa con fregio pulvinato e sottodavanzali aggettanti, e le due superiori sono riquadrate da una cornice.

Il prospetto posteriore è aperto in posizione assiale, all’altezza del piano nobile, da un balcone (è stata ipotizzata l’originaria previsione, anche su questo fronte, di una serliana), e da quattro assi di finestre ai tre livelli. L’intero volume del fabbricato è unificato da due fasce orizzontali che lo serrano ininterrotte all’altezza del pavimento e dei davanzali del piano nobile, e dalla cornice di coronamento a dentelli.

L’impianto dell’edificio si organizza ai lati del lungo salone mediano, esteso dalla loggia al fronte posteriore, sulle cui pareti alle due estremità si aprono porte con fregio pulvinato, che immettono nelle quattro stanze laterali, delle quali le due frontali si presentano alquanto più lunghe di quelle retrostanti. La stanza posteriore di nord-est è ulteriormente ripartita per far posto al vano scala, cui si accede dal salone centrale mediante una porta ad arco, fronteggiata sul lato opposto da un’altra identica, ma finta.

L’attribuzione al Palladio non è unanime, ma sostenuta dalla maggioranza degli studiosi, come pure controversa è risultata la cronologia dell’intervento, in mancanza di fonti documentarie certe sulle vicende costruttive della fabbrica. I più recenti esiti delle ricerche, comunque, hanno evidenziato che negli anni 1541-42 risultavano proprietari del fondo i fratelli Della Grana, orfani e allora minorenni, i quali assunsero poi il cognome degli zii Iseppo e Gianpiero Forni, che se ne presero cura. Tra di essi Girolamo, affermatosi come mercante di legname agli inizi degli anni cinquanta, migliorò via via la propria posizione economica, divenendo anche pittore e collezionista di antichità, entrando a far parte dell’Accademia Olimpica, e rifornendo con la sua attività commerciale anche diversi cantieri palladiani. In questo modo egli venne in contatto con Palladio, al quale commissionò il villino di Montecchio Precalcino, presumibilmente appena oltre il 1564, considerato che prima di quella data gli estimi non registrano apprezzamenti significativi del valore della proprietà.

L’intervento palladiano consistette nella trasformazione di una modesta casa preesistente, le cui strutture determinarono la  ridotta larghezza della loggia e condizionarono le proporzioni dell’impianto, che non rispettano i consueti rapporti dimensionali adottati da Andrea. Tali limitazioni, comunque, costituiscono un’ulteriore riprova dell’abilità progettuale di Palladio, capace di conferire ordine e funzionalità e di attribuire  il decoro e la dignità di una villa signorile anche a un’insignificante costruzione rurale. Il risultato è conseguito mediante l’equilibrata combinazione di elementi lessicali minimali (la serliana semplificata priva di ordine architettonico, il piccolo frontone, l’ordinata distribuzione delle aperture, alcuni dettagli architettonici), che assicurano un esito compositivo sobrio ed elegante, consono al rango di un committente benestante ma senza pretese nobiliari.

In forza del testamento di Girolamo Forni del 1610, la villa venne ceduta dopo la sua morte ai figli del nipote Giovanni Cerato.

La facciata recava decorazioni scultoree sul frontone (stemma retto da due putti e figure femminili alle estremità) e sui riquadri sopra le aperture della loggia (le Stagioni), documentate in disegni sette-ottocenteschi, per le quali si è ipotizzato l’intervento dello scultore trentino Alessandro Vittoria, amico di Girolamo Forni, e che sono stati rimossi e sostiuiti nel 1924 dagli attuali mediocri rilievi.

L’attuale stato di abbandono della villa ha peggiorato, negli ultimi decenni, lo stato di conservazione della villa.

(fonte: Guida al sito UNESCO edito da Ufficio Unesco Vicenza)

 

Vedi anche Itinerario delle ville del Palladio: l'alto vicentino