Città di Vicenza

Villa Sarego (Santa Sofia di Pedemonte di S. Pietro in Cariano - VR)

Aggiornato al: 09/08/2021

via Santa Sofia, 1
Santa Sofia di Pedemonte (VR)

_____________________________

 

Iscritta nella WHL dal 1996

Descrizione storico-architettonica

Prossima all’abitato di Pedemonte, nel cuore della Valpolicella, la villa sorge su una collinetta in leggera pendenza, in un contesto paesaggistico ameno, fronteggiata da un esteso parco alberato.

La parte più rilevante del complesso edilizio consiste in un corpo edilizio a “U” rivolto a sud verso il giardino, che costituisce la porzione realizzata del progetto palladiano; a questo si addossa sul lato ovest un fabbricato con andamento planimetrico a “L”, più elevato nel tratto affiancato all’edificio principale, che ne nasconde la vista a chi perviene alla villa dalla stradina di accesso laterale collegata al tessuto urbano del paese. L’ingresso principale della villa si apre a sud del parco ed è rivolto verso la campagna.

Il corpo principale, aperto sulla semicorte antistante con un duplice livello di logge, presenta un ordine gigante di colonne ioniche a bugnato rustico, che unifica i due piani, e la cui trabeazione regge direttamente la copertura; l’ordine è intersecato a metà altezza dal ballatoio con balaustra del loggiato superiore.

Solo il braccio centrale dell’edificio prosegue dietro i due livelli della loggia con le sale della residenza signorile; l’ala occidentale del duplice loggiato è invece connessa ai primi due piani del fabbricato addossato al corpo principale, mentre lo spessore dell’ala orientale è limitato alla loggia, senza spazi interni retrostanti.

Andrea Palladio pubblica la villa nei Quattro Libri, dove l’edificio è rappresentato nella configurazione completa prevista in progetto, di non facile interpretazione data l’incongruenza fra pianta e alzato. Grazie alle testimonianze settecentesche di Muttoni e di Bertotti Scamozzi si può stabilire che la porzione realizzata del progetto corrisponde alla metà sinistra di un cortile rettangolare, attorno al quale si sarebbero sviluppati su tre lati gli spazi residenziali, mentre il quarto lato, corrispondente all’attuale ala orientale priva di spazi interni, avrebbe costituito un diaframma, oltre il quale era previsto un giardino semicircolare a esedra chiuso da un colonnato. La corte interna sarebbe stata preannunciata da una avancorte a “U” (orientata, dunque, perpendicolarmente rispetto alla porzione realizzata, e rivolta verso la stradina di accesso proveniente dal paese), le cui ali sarebbero state ugualmente scandite da un ordine ionico gigante finito a bugnato.

Il committente della villa fu Marcantonio Sarego, aristocratico veronese sposato con Ginevra Alighieri, ultima discendente in linea diretta di Dante, e cognato di Giambattista Della Torre che commissionò a Palladio il palazzo urbano presso via dei Borsari a Verona. Egli aveva acquisito il fondo di S. Sofia nel 1552; il possedimento, che era stato donato ai Sarego nel Trecento dagli Scaligeri, disponeva già di un edificio dominicale, con servizi annessi e una chiesa, alla cui ristrutturazione si era dedicato il padre di Marcantonio, Brunoro, intorno al 1536. Già dal 1543 è documentato l’interesse dei Sarego per la realizzazione di fontane a ornamento del giardino, che ricevono le lodi di Palladio nel suo trattato.

La datazione del progetto palladiano è stata a lungo dibattuta dagli storici, ma l’orientamento attuale è quello di collocare l’ideazione intorno al 1565, anno a partire dal quale sono documentati lavori edilizi, che ebbero probabilmente il loro culmine nel 1569. E’ probabile che in quella circostanza furono anche adoperati materiali provenienti dagli interventi effettuati trenta anni prima.

Dopo l’interruzione dei lavori, la villa non venne più completata. Il Muttoni attesta nel Settecento che, di fronte alla parte realizzata, si trovavano posizionati le basi e i fusti delle colonne che avrebbero completato il giro del cortile, e afferma che solo il lato settentrionale, tra quelli realizzati, era dotato di stanze.

Intorno alla metà dell’Ottocento, a opera dell’architetto veronese Luigi Trezza, fu addossato il corpo occidentale, che rese abitabile anche l’ala sinistra della parte edificata nel Cinquecento. Inoltre, forse anche utilizzando le parti abbozzate segnalate dal Muttoni, fu dato un aspetto compiuto alle estremità del frammento palladiano, facendo rigirare la trabeazione e la balaustra e realizzando le colonne esterne oggi visibili  nelle testate delle due ali dell’edificio.

(fonte: Guida al sito UNESCO edito da Ufficio Unesco Vicenza)

 

Vedi anche Itinerario delle ville del Palladio: il veronese