Città di Vicenza

Storia nidi di Vicenza

Aggiornato al: 12/04/2018

La storia dei nidi di Vicenza è caratterizzata da un duplice processo evolutivo:

  • da una parte l’incontro con storie diverse appartenenti ad altre realtà;
  • dall’altra l’opportunità di evolvere professionalmente grazie al contributo teorico offerto da formatori specialisti in ambito educativo.

Negli anni ’80 (circa 10 anni dopo la legge nazionale Asili Nido del 1971), in tutto il territorio nazionale, l’asilo nido era considerato una struttura preposta alla cura ed all’assistenza del bambino, a sostegno delle madri lavoratrici.

Il fare "con i e per i bambini” prendeva spunto da programmi che, in parte, derivavano da metodologie proposte dalla scuola dell’Infanzia. Le stesse educatrici, a livello professionale, vivevano una dimensione di incertezza circa l’identità della loro figura; cercavano, pertanto, di attivare interventi pedagogici atti a dare un senso al proprio operare.

La giornata al nido aveva una precisa scansione sia temporale che metodologica: le proposte ludiche erano per lo più di tipo strutturato, organizzate in base alla personale esperienza acquisita delle educatrici, piuttosto che, rivolta ai reali bisogni evolutivi dei bambini.

La relazione con le famiglie era diversa da quella odierna: le educatrici si presentavano come “esperti dell’educazione” proponevano colloqui finalizzati a raccogliere informazioni circa l’ambito di provenienza del bambino, senza cercare di creare, invece, l’importante alleanza con la famiglia.

Gli incontri al nido, erano rivolti a tutti i genitori ed erano l’occasione per esporre il programma pedagogico, più che attivare un confronto sui temi dell’educare.

In questo contesto, l’educatrice si poneva come unico riferimento nell’ambiente nido e tendeva ad occuparsi soprattutto del “proprio gruppo” di bambini.

Annualmente, l’Amministrazione comunale offriva al personale educatore l’opportunità di approfondire le tematiche di carattere educativo mediante i corsi di aggiornamento, ma, frequentemente, questa formazione assumeva più la dimensione dell’accumulo di nozioni piuttosto che un itinerario volto ad una formazione permanente.

La svolta storica (negli anni '90), che ha permesso ai nidi di identificarsi come agenzia educativa per i bambini di età compresa tra 0-3 anni, è avvenuta nel momento in cui gli operatori hanno iniziato a riflettere e ad interrogarsi, focalizzando l’attenzione su aspetti specifici quali:

  • Il bambino deve far riferimento ad un'unica educatrice?
  • La relazione con il genitore e le famiglie deve essere un intervento di tipo tecnico, ovvero solo nelle situazioni problematiche?
  • Quale è la relazione di ciascuna educatrice con le altre colleghe e quale la dinamica che si sviluppa all'interno del gruppo?
  • Quale idea ogni operatore, sia esso educatrice, cuoca od esecutrice, ha dell'asilo nido, giovane struttura educativa? Quale idea di bambino e di infanzia? Quale relazione tra l'asilo nido ed il territorio? Quale conoscenza hanno le famiglie del nido e del "lavoro" che quotidianamente viene realizzato all'interno?
  • E in relazione al "nostro sapere" quali ambiti abbiamo già esplorato e quali da conoscere e/o rivedere e/o approfondire?

Questi quesiti hanno dato vita a discussioni, confronti ed elaborazioni personali all’interno dei contesti educativi, permettendo, così, di delineare in modo più consapevole, l’identità dell’asilo nido: sono stati, infatti, elementi utili per mettere in evidenza come l’asilo nido sia uno spazio peculiare per i bambini e gli adulti che si prendono cura di loro.

Da qui la trasformazione significativa dell’identità dell’asilo nido: il passaggio da un luogo di assistenza e supporto familiare a quello di ambiente di relazione ed evoluzione, uno spazio dove ci si incontra, ci si conosce, si dibattono temi educativi di interesse comune e si costruisce un’alleanza tra il nido e la famiglia.

Oggi, i genitori che hanno avuto modo di far vivere ai propri figli l’esperienza educativa, ritengono che “scegliere il nido”, se è per i bambini un’importante opportunità pedagogica, per loro stessi diventa un’occasione di coinvolgimento attivo ed evoluzione personale.

Il lavoro attuato in questi ultimi anni nei nidi è stato incentrato, sempre più, sulla volontà di esprimere e valorizzare la dimensione relazionale che avviene attraverso:

  • l’elaborazione e la realizzazione di una nuova metodologia di inserimento come l’esperienza degli “inserimenti a gruppi”;
  • le modalità diversificate per incontrare e coinvolgere i genitori nella partecipazione alla vita del nido;
  • la stesura collegiale dei progetti pedagogici con la partecipazione di educatrici, cuoche ed esecutrici;
  • la riflessione sulla scansione della giornata nido in un equilibrio tra i tempi dei bambini e  la routine quotidiana;
  • l’avvio di iter innovativi: la sperimentazione dei nidi “integrati” in un rapporto tra pubblico e privato, l’apertura degli atelier, quali spazi ludici per bambini e di aggregazione per gli adulti, la metodologia di lavoro “gruppi misti”, l’organizzazione delle sezioni a part-time sino ad arrivare ad oggi ai nidi Aziendali.

L’attivazione di nuove strade pedagogiche, grazie ai percorsi formativi svoltosi negli anni, ha avuto un ruolo fondamentale ed ha consentito approfondimenti tematici, elaborazioni progettuali, studi autobiografici che sono sfociati in tematiche importanti quali:

  • il nido come sistema relazionale;
  • i linguaggi verbali ed analogici;
  • la dimensione di co-costruzione;
  • le tematiche multiculturali.

Tra i diversi formatori incontrati, si desidera citare il dottor Fornasa Walter, docente universitario e teorico di Bergamo, relatore fondamentale negli iter di formazione sull’orientamento sistemico: senza alcun dubbio, è possibile sostenere come i suoi studi  abbiano consentito, a ciascuna educatrice, di trasformare la professionalità acquisita in una rinnovata progettualità operativa conoscendo ed applicando la teoria dell'approccio sistemico.

Come dice Morin, filosofo e sociologo francese, l’approccio sistemico “non è un metodo di lavoro ma un modo di pensare” che permette di intraprendere percorsi originali che offrono innumerevoli possibilità.

L’introduzione del concetto “lavorare per progetti” ha consentito di costruire un nuovo percorso pedagogico-didattico.

La conoscenza della storia familiare del bambino, l’osservazione del bambino e del suo gruppo di appartenenza, il mettere in gioco le proprie capacità personali, l’inserimento di un elemento o variabile imprevista, che si insinua nelle situazioni, diventano, pertanto, un’occasione di apprendimento per evolvere, senza essere ingabbiati in un percorso costruito“a priori”.

Nel concludere questa storia che non termina qui … si riporta la citazione del filosofo e scrittore Bob Proctor: “Il cambiamento è inevitabile, la crescita personale è una scelta”.