Città di Vicenza

18/04/2012

“Le donne, gli dei, i denari”, il 20 aprile al Teatro olimpico a chiusura di “Classici contro”

I Classici sono il nostro paradigma, da sempre ci sostengono e ci sono vicini. Ma ci vedono in difficoltà con la nostra democrazia, tra i problemi del potere, della comunicazione e dell'economia. Perciò da Classici contro ritornano a parlarci col distacco del tempo e della loro grandezza. Sconvolgendo tutti i luoghi comuni e le nostre illusioni. Sono per natura controcorrente, non si lasciano imbrigliare da convenzioni, collusioni, corruzioni: dicono sempre quello che pensano. I Classici contro sono una iniziativa inedita dell'Università Ca' Foscari, in collaborazione con l'assessorato alla cultura del Comune di Vicenza e il Liceo Classico Pigafetta di Vicenza, l'Associazione Italiana di Cultura Classica e il Centro di Studi Antropologia e Mondo Antico di Siena: difficile definirli, e forse è giusto come li ha chiamati scherzosamente Stefano Strazzabosco sulla scena del Teatro Olimpico, una diavoleria. Hanno però un grande precedente, di duemilacinquecento anni fa: come la tragedia e la commedia del teatro di Dioniso dell'Atene classica parlano liberamente davanti a tutti i cittadini.

Dopo gli appuntamenti di marzo a Palazzo Leoni Montanari sulle logiche di ogni forma di potere, tra politica e soldi, e dopo il successo della scorsa settimana con “L'elogio della ricchezza” e gli interventi straordinari dei classicisti Alessandro Grilli, Filippomaria Pontani e del filosofo Luigi Perissinotto, i Classici contro giungono al grande finale venerdì 20 aprile alle 20.30 con il tutto esaurito al Teatro Olimpico, l'opera di Andrea Palladio, segno della bellezza e della creatività d'Italia e simbolo per i Classici. Il titolo è “Le donne, gli dei, i denari”. È titolo sempre provocatorio, che si può leggere in molti modi, associazione strana di parole che contiene molte allusioni ai problemi del presente. Il tema di fondo sono le incongruenze della nostra modernità, le rigidezze e le chiusure della nostra democrazia, l'inquietudine dell'economia e della crisi mondiale. I Classici contro mettono in gioco una risorsa fondamentale, l'esigenza di un pensiero molteplice e differente, uno splendido contributo per affrontare i tempi difficili. Introduce la teoria delle voci antiche Alberto Camerotto, ideatore con Filippomaria Pontani dei Classici contro: con un catalogo di parole antiche e nuove, faziosavianamente alla maniera di un "Vieni via con me", ci dirà le virtù del pensiero differente e della libertà di parola. Le cose di cui c'è oggi più che mai la necessità.

Filippomaria Pontani gli sarà accanto col suo pilleus della verità di Solone. E tra gli interludi musicali del flauto di Federica Lotti si alternano poi i grandi interventi della serata.

Anna Beltrametti, docente di Letteratura greca e direttore del Centro di Studi sulla Drammaturgia classica all’Università di Pavia, ci parlerà delle donne nella poesia e nella vita reale del mondo antico per farci riflettere su ciò che succede nel mondo moderno tra esclusione dalla politica e dai poteri e capacità di vedere il mondo in maniera diversa. Gli occhi e la voce delle donne sono sguardo critico, parola che può dire la verità e mettere in dubbio gli assetti costituiti. Il pensiero al femminile demistifica le logiche della violenza e del sopruso – fra la caduta di Troia e l'eccidio di Srebrenica –, sa vedere meglio qual è il bene comune, quali sono i veri bisogni e le migliori dinamiche della famiglia e della casa, ma anche dello stato. Da sempre le donne sono ridotte a essere “un pensiero minoritario, legato ai valori permanenti dell’etica e degli affetti poco conciliabili con le urgenze della politica”, ma è un pensiero che è “spinto alla trasgressione delle regole subite e non del tutto condivise, alla denuncia delle ipocrisie collettive”. Prestare orecchio e attenzione a queste voci sorprendenti delle donne antiche (e moderne) ci può dare una nuova luce per il futuro. Per questo è il caso di ripetere una formula che abbiamo sentito di recente nelle piazze d'Italia: “Se non ora quando?”.

Forse la nostra mente è troppo statica di fronte al presente? Sarà il dio Vertumnus, un dio dei Romani oggi forse dimenticato, che ci ricorderà che cosa significa mettere in movimento i pensieri. Sarà in scena con le parole e la voce di Maurizio Bettini, il grande filologo che più di ogni altro in Italia ha rivoluzionato gli studi classici dal suo Centro di Antropologia e Mondo Classico dell'Università di Siena. Ritorna giusto giusto per l'Olimpico da una tourné di lezioni tra il Giappone e Israele. Insieme a lui per una performance inedita agirà Luigi Spina, studioso e virtuoso della retorica e dell'arguzia degli antichi, che ha insegnato all'Università Federico II di Napoli e alla Blaise Pascal di Strasburgo, autore di racconti apocrifi e fantastici che fanno parlare di nuovo i Classici come se fossero qui. E i gesti del mimo antico saranno quelli di Francesco Puccio dei Kalokagathoi di Napoli, che per programma recita in tutti i luoghi antichi d'Italia (e a volte abbandonati dalla cura dei moderni!). Il titolo, alla maniera di Leopardi, sarà “Mutar forma, mutar pensiero. Dialogo fra il dio Vertumno e il passeggere”. L'inquietudine e la mutevolezza è ben descritta dai protagonisti, con un piglio tra il giocoso e il satirico: “Sarebbe bello poter dire di cosa parleremo! Disgraziatamente ogni rigo che abbiamo tentato di scrivere, dopo un minuto non valeva già più. L'oggetto dei nostri discorsi, il dio Vertumno, faceva e continua a fare di questi scherzi, mettendo in imbarazzo il leopardiano “passeggere” che gli rivolge le sue domande. Possiamo chiamarlo trasformismo, volubilità, mancanza di coerenza? Oppure elasticità, capacità di adattamento, flessibilità? Provate voi a fermarlo per parlargli, per intervistarlo: come uno Zelig del mondo romano o un velocissimo Beep Beep da cartone animato, Vertumno svicola subito ed è già un altro, se non un'altra. Bisognerebbe bloccarlo con qualche sortilegio, magari parole magiche dal sapore antico, greche o latine. Il fatto è che non sappiamo ancora se ce la faremo. Cioè no, lo sappiamo – ce la faremo. Ma come?”.

Infine verrà la grande azione di David Riondino, figura inafferrabile e dalle mille risorse, in un tempo remoto anche bibliotecario rinchiuso tra i libri antichi delle Biblioteche Nazionali perfino la notte, ma soprattutto ai tempi nostri attore, regista, scrittore, raccoglitore di canti orali, che ci parla spesso con arguzia e ironia dai microfoni della radio e ci guarda serioso dagli schermi della TV. Ci racconterà una storia incredibile, prendendo la voce di un altro dio, non certo dimenticato, anzi fin troppo idolatrato e presente: per la nostra ipocrisia non è mai stato consacrato, ma c'è, lo sappiamo bene, e ha i suoi culti manifesti e nascosti, i suoi misteri e i suoi comandamenti. È il dio Denaro. Siamo imbarazzati a parlarne, vietato nominarlo, ci mette in difficoltà nella vita quotidiana, trasforma la nostra storia, insomma ne fa di tutti i colori e bisogna, ovviamente, farci i conti. Ma che sia visibile in forma di moneta sonante o invisibile tra le infinite e oscure vie digitali, è anche lui un dio onnipresente e a quanto pare onnipotente. Pericoloso è non ascoltare ciò che ha da dirci! La sua voce, in un finale folgorante, ci farà ripensare le nostre idolatrie, la follia e l’arroganza.

Informazioni: http://lettere2.unive.it/flgreca/aicc.htm, alcam@unive.it – f.pontani@unive.it

ForumClassiciContro: http://lettere2.unive.it/flgreca/ForumClassiciContro.htm

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