Città di Vicenza

11/09/2010

L'intervento del sindaco di Vicenza alla celebrazione ecumenica in ricordo delle vittime dell’11 settembre

Questa mattina alle 11, nella chiesa parrocchiale dei Servi, in piazza Biade, si è tenuta la celebrazione ecumenica per ricordare, vicentini ed americani, le vittime dell’11 settembre 2001.
Dopo la breve funzione religiosa, animata da canti corali,  hanno tenuto due discorsi ufficiali il sindaco di Vicenza, Achille Variati, e il generale David R. Hogg, comandante U.S. Army Africa/Setaf.

Il testo dell’intervento del sindaco

Perché ricordiamo

Perché ricordiamo? Nelle nostre vite individuali, e nella nostra vita sociale come comunità, una parte importante del nostro tempo e del nostro spazio è consacrata alla memoria. E non a una memoria casuale o generale: a ciò che scegliamo di ricordare, di conservare, di far perdurare attraverso il tempo. Le nostre case sono piene di ricordi: foto di persone care, oggetti. E così le strade e le piazze delle nostre città: statue, targhe che richiamano nomi, monumenti. E poi date che rendiamo speciali, giorni diversi dagli altri, in cui come individui e come comunità ricordiamo le pagine liete e le pagine tristi che, insieme, costituiscono la nostra storia di uomini e donne, di città e di nazioni.

C’è un naturale oblio delle cose, che erode i ricordi, li fa sbiadire. Lo sappiamo bene. Ma come singoli e come comunità agiamo in senso contrario. Scegliamo attivamente e consapevolmente schegge del nostro passato, pezzi della nostra storia, e li trasformiamo in simboli e riti per sottrarli al lavoro cieco e impietoso del tempo. Li rendiamo sacri. Patrimonio condiviso. Che non vogliamo sia dimenticato.

Ma perché lo facciamo? Perché ricordiamo? In questa stessa nostra commemorazione di oggi possiamo scorgere una risposta. L’11 settembre del 2001 è una data che si è imposta, con la stessa forza, sulle nostre vite individuali e sulle nostre comunità. Un evento epocale che ha segnato un prima e un dopo. Lasciandoci prima vinti dalla paura e dallo smarrimento, poi accomunati dal dolore, quindi animati dalla volontà di trovare le ragioni e la forza per reagire. E dire a voce alta che le nostre vite, la nostra libertà, la nostra storia, le faticose e coraggiose conquiste della nostra civiltà non si sarebbero fatte piegare dall’odio, dal fanatismo, dal terrore.

Come esseri umani, cerchiamo consolazione e risposte anche nel caos. Dall’alba dei tempi, tentiamo di dare una spiegazione alle cose, di ricondurre all’ordine, alla razionalità, ciò che appare casuale e imprevedibile. Costruiamo simboli, monumenti, riti per affermare il dominio della cultura sul cieco scorrere naturale degli eventi. Accendiamo luci per rischiarare le tenebre, e attorno a queste luci ci ritroviamo, e grazie a queste luci ci orientiamo.

Ricordiamo per non dimenticare, per non far vincere l’oblio che rende tutte le cose indistinte e senza valore.

Ricordiamo per celebrare i nostri valori: il coraggio, il sacrificio, la pietà. L’umanità.

Ricordiamo per non sentirci soli e indifesi in un mondo incomprensibile, ma parte di una comunità, della sua storia, di un’idea di civiltà che perdura nei secoli, custodi e non solo beneficiari di una libertà conquistata al prezzo di tante battaglie, di una ricerca senza fine del bene.   

Il grande scrittore americano William Faulkner ha detto: “Il passato non è mai morto, e non è neppure passato”.

Per questo oggi siamo qui, in una commemorazione che in questo 11 settembre unisce Vicenza a tante altre città del mondo, italiani e americani assieme: per ricordare una pagina comune e dolorosa del nostro passato, e per ricordare ciò che siamo. Uomini, uomini liberi. Che anche nella notte più fredda e paurosa alzano lo sguardo alle stelle, per dare loro un nome, e un senso.

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