Città di Vicenza

12/10/2009

Campi nomadi, il sindaco traccia la strada: “In futuro l’integrazione passerà dal lavoro e da micro-aree ordinate al posto degli attuali mega-campi, ormai insostenibili"

"Ma niente fughe in avanti: non è il Pat lo strumento con cui realizzare questo complesso percorso”

Dopo le discussioni dei giorni scorsi sui campi nomadi, con l’ipotesi – emersa sulla stampa – della creazione prevista nel Pat di cinque nuove micro-arre al posto dei grandi campi attuali, il sindaco Achille Variati – che solo oggi ha ascoltato la relazione dettagliata degli uffici sulle linee guida del progetto, interviene per offrire alcune precisazioni e tracciare la strada per il futuro. “Così come sono tradizionalmente intesi, e cioè con mega-aree disordinate, degradate e in cui i bambini vivono in condizioni che appaiono ingiuste a chiunque le osservi, i campi nomadi non sono più sostenibili – ha sottolineato oggi Variati -. Il problema è attuale e urgente, e interroga le coscienze e la sensibilità di tutti i vicentini. E naturalmente, è un problema complesso e di non facile soluzione, come testimonia una situazione rimasta invariata per troppi anni. A livello di ipotesi generale di soluzione, pertanto, era giusto inquadrarlo nel Pat. Anzi – ha aggiunto -, sono convinto che lo strumento delle micro-zone composte da famiglie tra loro omogenee sia quello più adatto per tentare di recuperare la situazione di marginalità ed esclusione in cui vivono oltre 240 nomadi, che fra l’altro sono nostri concittadini, nati in Italia e residenti a Vicenza. Minoranze, insomma, di cui come sindaco non posso e non voglio non occuparmi”.

“Tuttavia, se nella parte normativa del Pat è doveroso affrontare il problema, individuando un’ipotesi di soluzione che possa in futuro migliorare l’integrazione delle etnie sinti e rom nella nostra comunità, sarebbe invece sbagliato cercare controproducenti fughe in avanti che non affrontino il problema in tutta la sua complessità – ha spiegato -. Voglio quindi chiarire che il Pat non individua aree perimetrale precise, cioè non disegna già ora una collocazione chiara di future micro-aree per i nomadi. Si limita a segnalare alcune zone della città come più compatibili ad ospitare, al termine di un percorso di approfondimento e integrazione, le eventuali aree attrezzate in cui ospitare un numero limitato di nuclei familiari, in condizioni più ordinate, umane, controllabili e maggiormente capaci di favorire un’effettiva integrazione. Queste aree, lo voglio dire per chiarezza, sono genericamente quelle a ridosso del casello di Vicenza Est, accanto al carcere, nei pressi di Ospedaletto, in zona Carpaneda. Sempre per chiarezza, penso di poter dire che sia stato un errore individuare nel Pat le zone, pur se non ancora perimetrate e quindi solo a livello di ipotesi: non è una questione di segretezza, ma semplicemente ritengo si tratti di questioni che vanno affrontate seguendo un percorso di condivisione e di concertazione e che le zone dovranno essere individuate sul territorio solo in fase di piano di interventi. Dico queste cose anche per spegnere sul nascere allarmi e preoccupazioni, magari anche strumentalizzati da qualcuno. Non abbiamo certo intenzione di fare colpi di mano e di disegnare insediamenti dalla sera alla mattina. Ci vuole saggezza, pazienza e buon senso per risolvere problemi complessi”.

Il sindaco ha quindi illustrato il progetto elaborato nei mesi scorsi dall’assessorato alla famiglia e alla pace per favorire l’integrazione sociale dei nomadi in città, sottolineando in particolare la condizione che lui stesso ha posto, quella relativa all’integrazione progressiva nel mondo del lavoro: “I nomadi del prossimo futuro, nel modello di integrazione che abbiamo in mente a Vicenza, dovranno anzitutto entrare nell’ottica del lavoro: perché il diritto allo spazio o a una casetta prefabbricata in una delle micro-aree che abbiamo in mente va pagato, possibilmente anche riscattato, dato che l’investimento del Comune dovrebbe essere solo quello di avvio, e a fronte di una certezza nel rientro economico tramite rate o canoni d’affitto.  Soprattutto – ha tenuto a precisare Variati -, i bambini dovranno iniziare a frequentare attivamente la scuola, perché è per me intollerabile che ci siano sacche drammatiche di analfabetismo tra i miei concittadini: un fenomeno che affossa qualsiasi ipotesi di vera integrazione. È evidente allora che ai nuclei serve un reddito, onesto e dichiarato, quindi un lavoro. Solo i nuclei che attestano di avere un lavoro e un reddito potranno quindi accedere alle fasi successive in questo percorso verso l’integrazione anche residenziale. Ci vuole certamente rispetto per le minoranze – ha quindi chiosato il sindaco –, ma ci vuole altrettanto rispetto delle regole della nostra comunità da parte dei nostri concittadini nomadi”.

“L’allarmismo che si è scatenato in merito alle micro-aree è dunque del tutto ingiustificato – ha tenuto a precisare Variati -. Tanto che, qualora lo ritenessi necessario, sono pronto a togliere dal Pat l’individuazione seppure ipotetica delle zone in cui realizzarle. Mentre non toglierò dalla normativa la parte che disegna la nostra ipotesi di soluzione a questa complessa questione, perché sono certo che questo strumento sia quello più adatto”.

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