Città di Vicenza

03/03/2009

A Palazzo Trissino le “Ricordanze” di Enrico Niccolini

Il Comune di Vicenza rende omaggio a Enrico Niccolini, oggi novantaduenne, accogliendo nella Sala degli Stucchi di Palazzo Trissino la presentazione del romanzo “Ricordanze 1938-1945”, nel quale ripercorre la sua esperienza di intellettuale laico e democratico tra fascismo, guerra e Resistenza.

L’incontro è in programma venerdì 6 marzo alle 17,30. Al saluto del sindaco Achille Variati seguiranno gli interventi di Girolamo Arnaldi, Fernando Bandini, Alba Lazzaretto e quello dello stesso autore.

L’iniziativa è promossa da Comune di Vicenza, Accademia Olimpica, Biblioteca civica Bertoliana, Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Vicenza “Ettore Gallo”.

Il volume, edito da Angelo Colla, contiene una presentazione di Sergio Romano.

Come l’ha definito Sergio Romano nella sua Presentazione, si tratta di “un romanzo di formazione”, ambientato a Vicenza negli anni del regime fascista.

Si tratta un quadro d’autore raffinato e intenso, in cui Niccolini e la sua città, Vicenza, riemergono dai meandri della memoria. L’anziano professore, oggi novantaduenne, scrive con una forza espressiva che avvince il lettore, e con una finezza intellettuale che dona allo stile suggestiva efficacia.

Vi emerge, in particolare, la piccola cerchia di amici di Niccolini. Giovani che negli anni cupi dell’omologazione di massa, cercavano di tenere accesa una fiaccola di libertà. Giovani alla ricerca di spazi mentali che potessero sfuggire alla miseria opprimente del regime. 

L’amicizia con Antonio Giuriolo – l’intellettuale vicentino eroe della Resistenza, ucciso in uno scontro con i nazifascisti sull’Appennino – appare come rapporto di grande importanza nella formazione politica e intellettuale di Niccolini. E l’amicizia rispettosa ed intensa con Aldo Capitini, apostolo della non violenza, è l’altro suo capitale punto di riferimento.

Il percorso di studio dell’autore, gli esami universitari alla Facoltà di Lettere di Padova, si intrecciano con le vivide pennellate che ritraggono la Vicenza degli anni trenta, con i ricchi che già andavano a sciare e poi parlavano di scioline, e gli squattrinati che si gettavano con la “monega” giù dalla discesa del “Cristo”, a Monte Berico, quando la neve abbondante imbiancava la città.

Sullo sfondo prelati, fascisti, le violenze del ventennio, e il vescovo di Vicenza Ferdinando Rodolfi che scrive con coraggio una famosa lettera contro le violenze del fascismo, pubblicata per la prima volta dal “Lunedì”, giornale del Partito d’Azione, nel gennaio del 1946, dopo che le stesse gerarchie cattoliche l’avevano data per dispersa. Preziosa la testimonianza di Niccolini su questa vicenda ancora poco chiarita, come preziosa è tutta la sua serie di ricordi che ci danno uno spaccato vivacissimo di quella che poteva essere allora la vita di un giovane intellettuale, tra il fascismo e la guerra.

Tra l’ironico e il tragico, talvolta umoristiche, le sue pagine sui mesi di addestramento per diventare ufficiale dell’esercito italiano. Le follie di esercizi militari inutili quanto stupidamente imposti a ripetizione, le peripezie per sopravvivere durante l’esperienza di guerra nei Balcani, fanno rivivere la sua esperienza amara e intensamente rievocata: «Vivo così, senza ribellioni da Prometeo», riflette Niccolini, tra scoramento e dignità, durante le notti di guerra.

Le ultime pagine si fanno sempre più avvincenti nella storia corale di un paese allo sbando, dopo l’8 settembre. Osservazioni acute e disincantate sulla storia nazionale – la fuga del re e di Badoglio, lo strano trasferimento di Mussolini a Campo Imperatore, per essere poco dopo liberato dai tedeschi – offrono uno spaccato amaro ma realistico della situazione politica, degli intrighi e dei poco nobili maneggi del re e di Badoglio.

Sulla tragedia aleggia spesso, amara ma liberatoria nella risata che strappa al lettore, l’ironia. L’ospedale militare in cui Niccolini è ricoverato, poco fuori Roma, dopo l’8 settembre, si salva dalla requisizione dei tedeschi perché invaso dalle cimici: e l’autore promette un monumento a questo insetto, che era riuscito a fermare i tedeschi, riuscendo là dove un mal diretto esercito aveva fallito.

Intense e suggestive, piene di personaggi cari alla memoria di molti, le pagine che rievocano personaggi ed episodi della Resistenza vicentina vissuta in prima persona da Niccolini. E’ una Vicenza che risorge con dignità, dopo anni di dittatura, quella che l’autore descrive: una città viva, in cui il senso civile di molti, clero incluso, ridona la speranza di ricostruire la patria smarrita.

Ma troppo presto si comincia a dimenticare il motto “Liberi, uniti, onesti”, che aveva promesso a molti un rinnovamento etico e politico. Il Partito d’Azione, in cui Niccolini militava, viene sciolto nel 1947. E il filo dei ricordi, insieme con gli amici che uno dopo l’altro se ne vanno, si frantuma in una dignitosa tristezza. Eppure Ricordanze, prezioso documento di memoria storica, rappresenta ancora un atto di coraggio e di speranza.

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