Città di Vicenza

23/11/2005

Tre maestri veneti dell'incisione in mostra alla Chiesa di S. Ambrogio

Inaugurazione sabato 26

Sabato 26 novembre, alle 18.30, nella chiesa dei SS. Ambrogio e Bellino, a Vicenza, si inaugura la mostra Tre maestri veneti dell'incisione: Giovanni Barbisan, Lino Bianchi Barriviera, Cesco Magnolato, che resterà aperta sino al 6 gennaio 2006 (apertura al pubblico da domenica 27, dalle 15 alle 19, chiuso il lunedì, ingresso libero). La mostra, curata da Stefania Portinari, si inserisce nella programmazione culturale dell'Assessorato alle Attività Culturali del Comune come secondo segmento del progetto "Vicenza per la grafica" che nella sua prima parte, allestita nei mesi estivi, aveva proposto le personali di Giovanni Turria, Guido Strazza ed Ernesto Lomazzi.
L'iniziativa è sostenuta dalla Regione Veneto; informazioni ai numeri 0444/222114, 222101; e-mail: uffmostre@comune.vicenza.it., catalogo disponibile in mostra.

Bianchi Barriviera e Magnolato, legati all'Associazione Incisori Veneti, sono stati importanti punti di riferimento per il mondo dell'arte grazie anche alle loro attività di docenti e studiosi: il primo, autore di un testo tra i più importanti nel campo della tecnica incisoria, fu attivo all'Accademia di Belle Arti di Roma, il secondo a quella di Venezia, dove entrò come docente sin da giovanissimo.
Barbisan, invece, di indole più riservata, ha dedicato i suoi anni ad una incessante meditazione sul lento fluire della vita, attraverso immagini che rappresentano i paesaggi di Treviso (città dove nacque nel 1914) e dei suoi dintorni. Le sue sono incisioni "a punta d'angelo", particolarmente delicate, mentre il segno si avvicina a quello morandiano. La vena intimista e lirica delle sue nature morte degli anni Trenta, immobili, non in divenire, risente di influssi novecenteschi. Barbisan, scomparso nel 1988, è fedele a un impianto poetico introspettivo e ad un modus operandi meditativo che Guido Perocco paragona a quello dei grandi grafici del Settecento.
Diversa la vicenda di Lino Bianchi Barriviera (1906-1985), trevigiano anch'egli, viaggiatore per destino e per motivi professionali. La luce si caratterizza per lui in modo più drammatico, secondo gli influssi del suo peregrinare. I suoi contenuti vivono tra la contraddittorietà dei neri, che affondano nel cupo, e la luce che cerca di esprimere ora la vividezza dei cieli tersi romani, ora l'offuscata umbratilità degli altopiani etiopici. Se l'arte di Barbisan si declina in toni di grigio, Bianchi Barriviera è estremo: il suo segno è spesso sgretolato, la morsura usata in modo più emotivo, passionale. Importante, in questo senso, nel suo corpus incisorio, è la cartella composta da sessanta tavole illustrative e da cinque fogli complementari, con esplicazioni e dediche, sulle chiese monolitiche di Lalibelà, di cui la mostra presenta alcuni esemplari.
Cesco Magnolato, nato a Noventa di Piave nel 1926, insegue un segno incessante, non tonale ma spasmodico, espressionista. Pur collocandosi all'interno della tradizione della scuola incisoria veneta, utilizza l'acquatinta in aggiunta all'acquaforte per coadiuvare una figuratività già carica di intensità: con un segno-disegno lontano dal segno-tratto di Barbisan e dal chiaroscuro drammatico di Bianchi Barriviera, contorna l'immagine tracciandola con "furor dinamico", deformando i visi e le figure per esprimere il loro dolore, la vitalità che le anima. L'urgenza della denuncia sociale, i temi di impegno morale e i riferimenti alla Resistenza o, nel ciclo degli Esodi, allo strazio della condizione dei profughi, fanno prorompere dalle opere una rapidità segnica senza ripensamenti.

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